Cristiano Pedrini è tornato!
Autore: Cristiano Pedrini
Genere: Romance Contemporaneo MM Formato cartaceo 14×21
Formato ebook: epub/mobi e pdf Pagine: 232
Pubblicato con Youcanprint
Cover e illustrazioni di © Sp Graphic Desing e Victor Duval
Eccomi qui, tra i tetti di Parigi, guardando le stelle con Lucien al mio fianco.
Finalmente ho capito che la mia vera casa non è un luogo, ma una persona…
Flavien Barnier ha sempre vissuto tra le ombre di Parigi, un mosaico di dolore e speranza, di dolci ricordi e amari rimpianti. Orfano dei suoi genitori, ha trovato rifugio nell’amore incondizionato della nonna Carole, una donna straordinaria che gli ha insegnato a sognare. Ma il destino, crudele e implacabile, gli ha strappato anche lei ed anche la sua professione di pasticciere, nel quale ha spesso trovato rifugio tra gli aromi dolci della sua cucina, non è più una certezza a cui aggrapparsi.
Quando tutto sembrava perduto incontra Lucien, figlio ribelle del Presidente della Repubblica Francese, costretto in una esistenza che è una continua recita fatta di apparenze e doveri, ma la presenza di Flavien gli insegna a convivere con le proprie vulnerabilità, accettando l’ombra del ricordo di un fratello gemello che non è mai venuto alla luce e che sente agitarsi in lui.
Insieme iniziano ad affrontare una nuova quotidianità, tra la solennità dei palazzi dell’Eliseo, il silenzio della piccola isola di Brégançon e la maestosità di Versailles, il loro cammino è una sinfonia di coraggio e rinascita, di come due cuori possano trovare la loro strada in un mondo spesso indifferente. È la storia di un amore che si erge come un rifugio sicuro, un tetto sotto cui trovare riparo quando tutto sembra crollare.
Cosa ne penso
Ho avuto il piacere di immergermi nella storia de “I gemelli dell’Eliseo”, un romance di Cristiano Pedrini che mi ha catturato pagina dopo pagina. Innanzitutto, voglio ringraziare l’autore per la proposta e la fiducia che mi ha dimostrato; i suoi sforzi e la sua visione meritano davvero il massimo dei complimenti.
La trama ci introduce a Flavien Barnier, un personaggio complesso e profondo, la cui vita è segnata dalla perdita e dalla sofferenza. Orfano dei suoi genitori e deluso dalla sua carriera di pasticciere, Flavien incarna la resilienza e la ricerca di una luce in un mondo che, a volte, sembra oscurato dalle ombre. La sua vita cambia radicalmente con l’incontro di Lucien, il ribelle figlio del Presidente della Repubblica Francese. La loro relazione è un viaggio di scoperta reciproca e di accettazione, qui Pedrini riesce a tratteggiare con delicatezza i temi della vulnerabilità e della ricerca dell’identità.
Il contesto parigino, con i suoi luoghi iconici dall’Eliseo a Versailles, diventa un personaggio a se stante, avvolgendo il lettore in una sinfonia di emozioni e atmosfere. La scrittura di Pedrini è evocativa e sa trasmettere un senso di appartenenza e meraviglia. Le descrizioni sono così vivide che sembra di poter sentire i profumi della pasticceria di Flavien e di percepire il peso delle responsabilità che gravano su Lucien.
Il legame tra Flavien e Lucien è il cuore pulsante del romanzo; un amore che offre rifugio e conforto, in grado di sbocciare anche nei contesti più difficili. La loro storia è un inno alla speranza e alla possibilità di rinascita, e mostra come, anche nei momenti bui, sia possibile trovare la propria casa in un’altra persona.
I temi del dolore e della speranza, della ricerca di sé e dell’accettazione, sono trattati con grande sensibilità, rendendo questo libro non solo un romance, ma anche una profonda riflessione sulla vita e sulle relazioni.
“I gemelli dell’Eliseo” è un’opera che entra nel cuore e rimane impresso nella mente, una storia che parla di amori imperfetti ma reali, di scelte e sacrifici. Ringrazio ancora Cristiano Pedrini per questa nuova avventura e per averci regalato un libro che non solo intrattiene, ma che invita a riflettere sul significato più profondo dell’amore e della comunità. Assolutamente consigliato!
Estratto dal Capitolo Primo
Lucien si svegliò con un lungo sbadiglio, stropicciandosi gli occhi, sentendo dei rumori giungere dalla cucina. Si voltò, osservando la parte destra del letto vuota. Immaginò che Octave fosse già in piedi per preparare la colazione. La conferma giunse dopo pochi attimi, percependo un profumo di croissant. Vide il volto scarno dell’amico affacciarsi dalla soglia della cucina sorridendogli.
«Buongiorno, bell’addormentato. Se ti rendi presentabile puoi venire a gustarti le mie prelibatezze del mattino» esordì con voce pacata prima di scomparire di nuovo dietro la parete.
«Io sono sempre presentabile» replicò il ragazzo spostando le lenzuola di lato. Posò i piedi sul pavimento, sentendolo ondeggiare, ricordandosi di dove si trovasse. Ai suoi occhi quel vecchio bateau era un angolo in cui rifugiarsi ogni volta che desiderava dimenticarsi del mondo e, per sua fortuna, le sue porte erano sempre aperte. Gli bastava oltrepassare la passerella per lasciare sulla riva tutto quello che lo infastidiva, e in quell’ultimo periodo l’elenco era incredibilmente lungo. Guardò il suo riflesso in uno specchio appeso accanto al letto, osservando le vistose occhiaie. Si ammiccò sollevando i folti capelli ricci, tentando di sfoggiare il suo famoso sguardo magnetico, accorgendosi che quella mattina non sembrava aver voglia di mostrarsi.
Okay Lucien, ringrazia che nessuno può vederti in questo stato, pensò grattandosi le spalle, incamminandosi verso la cucina.
Si avvicinò al tavolo senza riuscire a trattenere un altro sbadiglio, controllando che ci fosse tutto. Croissant, confettura di albicocche, succo d’arancia e una baguette appena tagliata.
Octave gli dava le spalle, intento ai fornelli. «Dormito bene?» chiese al suo ospite.
«Sempre, quando sono qui.»
«Dovrei decidermi di farmi pagare. Con tutte le volte che dormi nel mio letto, a quest’ora sarei milionario.» L’uomo si voltò, portando in tavola la caffettiera, versando la sua solita miscela italiana in due tazze di porcellana di un discutibile color verde.
«Beh, se decidi di lasciare questo posto posso ritirarlo io. Non mi dispiacerebbe vivere qui!» Lucien annusò il forte aroma di caffè prima di prendere in mano la tazza.
«Abbandonare la mia Dea della Senna? Scordatelo. Dovrai accontentarti di salirci ogni tanto. E lo ripeto, ogni tanto, non quando combini cazzate, vale a dire una volta la settimana.»
«Non è colpa mia!»
«Davvero? Sai essere dolce quanto stronzo… E poi…» Octave sospirò. «Non è indicato che tu giri solo con quelli addosso, pensa se entrasse qualcuno!» Tirò il lembo dei suoi attillati boxer con una fantasia blu.
«Non ti piacciono? Cavolo sono dei Finamore e…»
«Con il fisico che hai tutto ti dona, ma non è questo il punto.»
Lucien sorseggiò il suo caffè sedendosi al tavolo. «Non preoccuparti. Sai che nessuno oserebbe avvicinarsi.»
«Guarda che ben pochi sanno che tu qualche volta vieni qui. Che bussi alla porta di questo vecchio pittore squattrinato che…» Octave si passò le mani tra i capelli corvini, prima di spingersi gli occhiali sul naso.
«Dovresti rifare la montatura… ormai è vecchia.»
«Mi scivolano solo quando mi agito, e tu sei una fonte inesauribile» borbottò l’uomo sedendosi davanti a lui.
Lucien si sporse lungo il tavolo baciandogli la fronte. «Se non ricordo male, ero inesauribile anche per… la tua ispirazione» sorrise lascivo.
«Già, per questo il nome del tuo dipinto è oggi, come ieri, perfetto…»
Lucien si ritrasse, osservando una pila di riviste posata su di un mobiletto, si rialzò, facendole passare velocemente, fino a trovare quello che cercava. Si voltò appena, tanto da scorgere lo sguardo divertito dell’uomo che osservava il suo fondoschiena.
«Perché non ammetti che vuoi farti il sottoscritto, non ci vedo nulla di male!»
«Primo, abbiamo ventidue anni di differenza, secondo, a me piace condurre e non essere condotto e terzo… è più bello resistere alle tentazioni che cedervi.»
«E quarto, temi di vendere la tua anima al demone dell’Eliseo» proseguì il giovane, passandogli sotto gli occhi la copertina di una rivista d’arte che mostrava il dipinto che aveva realizzato l’anno prima, con lui come modello. «Ma questo non potrà accadere perché me l’hai già offerta.» Il sorriso caparbio del ragazzo si infranse sul volto impassibile di Octave.
«E nonostante tutto, non riesco ancora a pentirmene» ammise l’uomo rialzandosi, avvicinandosi alla finestra che dava sulla riva. La solita Renault nera era ferma a pochi metri dalla passerella del battello. «Non fare attendere oltre i tuoi angeli custodi. Ti stanno aspettando da stanotte e saranno stanchi di attendere i tuoi comodi.»
«Sono pagati per farlo. E per sopportare i miei desideri» replicò Lucien rialzandosi, tornando nella camera da letto, infilandosi svogliatamente i pantaloni. Dalla tasca posteriore cadde una busta, piegata a metà. Si chinò per raccoglierla. Doveva ancora restituirla al suo proprietario, anche se non era certo che fosse felice di rivederlo.
«Non mi hai ancora raccontato cosa ti è accaduto ieri.»
Lucien si voltò, osservando Octave appoggiato alla parete con le braccia conserte. Il suo sguardo indagatore lo infastidiva oltremodo. «Nulla di particolare» rispose.
«Erano due settimane che non ti facevi vedere. E normalmente quando ricompari dopo un po’ di tempo è perché c’è qualcosa che ti preoccupa. Sai ho anche creduto che magari avessi deciso di riprendere gli studi.»
«Credi alle favole?»
«Prima o poi devi pensarci seriamente. Abbandonarli dopo l’ennesima discussione con tuo padre ha danneggiato solo te. Venire qui a cercare un po’ di pace è solo una soluzione temporanea.»
«Un po’ di pace? Quella la cerco ogni volta che riesco a scappare dall’Eliseo» proseguì il giovane infilandosi dei costosi mocassini, prima di indossare una felpa bianca.
«Quindi… ti presenti mezzo ubriaco qui e…»
Lucien raccolse la giacca dalla sedia, avvicinandosi all’amico, baciandolo sulla fronte. «Ora è meglio che me ne vada» soggiunse oltrepassandolo, notando un biglietto invito sul tavolo con il suo nome scritto a mano.
«È per me?»
«Inauguro una nuova mostra in una galleria a Parc de Montsouris. Se volessi intervenire, la tua presenza attirerebbe un po’ di pubblico in più.»
«Ci penserò.» Si incamminò, uscendo dalla porta, chiudendola alle sue spalle. Lo sguardo del giovane corse subito alla berlina e all’uomo dai folti capelli biondo cenere che era appena sceso, andandogli incontro. «Buongiorno» esordì.
«Lo spero.»
«Torniamo a palazzo?» chiese l’uomo accompagnando Lucien verso la vettura, aprendo lo sportello posteriore.
«Non ancora. Prima…» Estrasse la busta mostrandola. «Devo riportare questa.»
«Dove?»
«Al suo proprietario» rise Lucien accomodandosi sul sedile di pelle, osservando lo spazio vuoto accanto a lui. Solo poche ore prima aveva vissuto quello strano episodio e ancora il recente ricordo non voleva abbandonarlo. In realtà era lui a voler rivivere quei momenti, cercando in essi qualcosa che continuava a sfuggirgli. A volte pensava di riuscire ad afferrarlo, ma poi chissà come quella convinzione svaniva, lasciandolo ancora a mani vuote. Chiuse gli occhi, riprovando ancora. La sua mente lo riportò al giorno prima e a quello scontro.